Megalopolis – Recensione

La fiaba di Francis Ford Coppola

Megalopolis - Recensione

Francis Ford Coppola produce, scrive e dirige una fiaba postmoderna che aveva nella mente già ai tempi di Apocalypse Now. Arrivo sullo schermo quarant’anni dopo: il progetto è ambizioso, il risultato poco convincente.

Megalopolis – La nostra recensione

Megalopolis è qualcosa di più di un film: è il sogno nel cassetto di Francis Ford Coppola, il regista di due capolavori assoluti come Il Padrino e Apocalypse Now,che alla veneranda età di ottantacinque anni realizza il film che ha sempre desiderato, dedicato alla moglie Eleanor Jessie Neil, scomparsa alcuni mesi fa. 

Per raggiungere il budget (dichiarato) di 140 milioni necessario per la realizzazione del sogno, Coppola si è autofinanziato; diverse fonti del web segnalano anche la cessione di alcune aziende vinicole di proprietà del regista per racimolare la cifra. Megalopolis è un progetto di cuore, il probabile testamento artistico (lunga vita e salute a Francis Ford Coppola), che, in totale libertà, realizza il suo sogno

Purtroppo la risposta del pubblico e degli addetti ai lavori è stata – eufemismo – molto fredda. Nel momento in cui scriviamo, l’incasso negli Stati Uniti ammonta a circa 7 milioni. Un disastro, insomma. Ora il film arriva in Europa, provando a conquistare (trovare?) un pubblico che abbia voglia di accettare la sfida di Coppola. Su questo punto torneremo dopo.

I titoli iniziali anticipano al pubblico che Megalopolis è una fiaba di Francis Ford Coppola, un intrigante e ambizioso mix di teatro shakespeariano, fantascienza e utopistici sogni di pace e fratellanza, riconducibili alla filosofia hippie.
Il protagonista è Cesar Catilina (Adam Driver), un architetto visionario e geniale che desidera costruire una città nuova sui resti della devastata New Rome, una città dove i più abbienti vivono tra feste, banchetti e vizi, come nella fase decadente dell’Impero Romano. Per costruire la nuova metropoli, Cesar ha scoperto un nuovo, incredibile materiale, il Megalon, che andrà a sostituire il cemento.
Il progetto di Cesar guarda soprattutto alle esigenze dei più deboli. Il popolo è in difficoltà, accecato dalla vuotezza consumistica dei (neo) patrizi di New Rome che li nutrono – appunto – a panem et circenses. Il principale antagonista di Cesar è il sindaco Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito), sindaco di New Rome. La situazione tra i due peggiorerà nel momento in cui Cesar si innamorerà di sua figlia Julia (Nathalie Emmanuel). 

Intorno a Cesar, si susseguono una serie di personaggi (troppi) e trame parallele (troppe) che rendono il film anche un’epopea familiare: c’è il cugino Clodio (un redivivo Shia LaBeouf), geloso di Cesar, esponente populista della famiglia che cerca di convincere le masse della poca affidabilità di Cesar. C’è Hamilton Crassus III (John Voight), lo zio ricco e potente di Cesar, che sta dalla parte del talentuoso nipote. C’è Wow Platinum (Aubrey Plaza), una moderna Cleopatra che utilizza il suo fascino per la sua scalata sociale.La storia ci viene raccontata da Fundi Romaine, il tuttofare di Cesar, interpretato da Laurence Fishburne. 

La recitazione del cast risulta molto teatrale, a tratti anche troppo. Ecco, troppo è la parola che caratterizza il film. La troppa libertà non ha giovato al lavoro di Coppola e il risultato è un’opera inconcludente, poco fluida, ricca di spunti che non vengono quasi mai approfonditi. Utilizzando una metafora culinaria, gli ingredienti sono di primo ordine, ma il piatto in tavola non è soddisfacente ed è davvero digeribile per pochi. Ci sono però dei ma e delle riflessioni che è necessario fare.

Prima ho parlato della visione del film utilizzando l’espressione  “accettare la sfida di Coppola”. Credo sia davvero limitante, al di là dei nomi tirati in ballo, parlare di Megalopolis come di un film non riuscito. Ciò che, comunque emerge è la voglia di osare, puntare alla purezza dell’opera prima che al pubblico. In un’epoca in cui domina l’algoritmo, Coppola rimette il Cinema al centro. Cesar, nel film, ha un potere: fermare il tempo e lo fa attraverso le sue opere e la sua ispirazione. La metafora è bellissima, commovente. Coppola ci ricorda questo con Megalopolis: prova a fare arte, a fermare il tempo, lasciando ai posteri un’altra opera. Nonostante abbia trovato il film poco convincente, non credo proprio di aver sprecato il mio tempo guardando – rigorosamente in versione originale – Megalopolis.
Provare una strada nuova, uscire dagli schemi, portare storie inedite sono delle rarità ormai e questo è un gran peccato. Francis Ford Coppola ha dovuto aspettare oltre quarant’anni ma ce l’ha fatta a realizzare il suo sogno, allontanandosi in buona parte da tutto ciò che lo ha reso famoso in tutto il mondo, optando per la sua libertà artistica, a 85 anni, dopo una carriera ricca di premi e riconoscimenti.

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Informazioni su Mauro Orsi 157 Articoli

Lettore compulsivo, appassionato di cinema e musica. Ama le storie: raccontate, vissute, disegnate, cantate, scritte o sognate. Insomma di tutto, un po'(p).

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