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The Cloverfield Paradox – Recensione

The Cloverfield Paradox - Recensione

Esistono diverse forme di marketing nel mondo del cinema. C’è chi preferisce pubblicare con mesi e mesi d’anticipo un teaser o un trailer, c’è chi diffonde interviste, dietro le quinte, contenuti speciali e così via, poi c’è Cloverfield. E c’è Netflix. È passata una settimana dall’annuncio e dalla contemporanea pubblicazione di The Cloverfield Paradox sul colosso internazionale del servizio streaming.
Nomen omen usavano dire i latini e, in effetti, The Cloverfield Paradox rispecchia in pieno questo modo di dire. Un paradosso: poteva essere meglio ma poteva essere anche peggio, poteva essere non fatto ma allo stesso è, a suo modo, indispensabile. È tempo di tornare indietro nel tempo, all’origine di tutto.

Odissea nello spazio

Cloverfield è un fenomeno che dal 2008 ha appassionato un numero di fan ben più ampio di quanto si possa immaginare. Prodotto da quella mente geniale di J.J. Abrams, il film ha saputo essere magnetico e rivoluzionario. Sulla scia di quel successo, enorme a fronte di un budget decisamente basso per quanto riguarda la promozione, nel 2016 è stato distribuito 10 Cloverfield Lane, film che è riuscito a descrivere minuziosamente le paure e la angosce claustrofobiche che possono essere un ritratto della società odierna. Oggi, a dieci anni dal capitolo che ha inaugurato questa trilogia cinematografica, The Cloverfield Paradox debutta sulla piattaforma Netflix riportando i fan della serie indietro nel tempo e, addirittura, in un’altra dimensione.
Già, il film diretto da Julius Onah, si incastra perfettamente in cui film capaci di coniugare le ambientazioni spaziali e fantascientifiche con atmosfere horror e inquietanti, momenti di suspance e discreti colpi di scena. Questo è assolutamente valido per The Cloverfield Paradox, per lo meno per la prima (abbondante) parte di visione. Ma procediamo con ordine.

Un pool di scienziati, provenienti da diversi paesi, viene spedito sullo spazio per dare vita a una forma di energia alternativa da poter essere utilizzata sulla Terra, pianeta ormai in balia del caos e in procinto di dover affrontare una nuova guerra mondiale con effetti catastrofici. Tutto bello e tutto nobile, anche nelle ambizioni, se non fosse per alcuni “discreti” effetti collaterali di questo esperimento: la possibilità di essere catapultati in un’altra dimensione con nefaste conseguenze.
Come menzionato poche righe sopra, The Cloverfield Paradox riesce a miscelare bene le caratteristiche del genere anche se, purtroppo, lo fa solo per la prima (abbondante) parte del film, andando poi a scemare verso la conclusione e il finale.

L’inizio della fine

Il film diretto da Onah è senza ombra di dubbio un discreto prodotto che però porta con sé alcuni difetti per certi aspetti strutturali e che vanno così a rovinare il risultato conclusivo. Il nome Cloverfield appare più una forzatura, una volontà di inserire a tutti i costi un marchio per attirare forse più appeal, più curiosità o chissà cos’altro. The Cloverfield Paradox infatti è un film che potrebbe tranquillamente camminare sulle proprie gambe, senza alcuna analogia con l’universo che porta la firma di J.J. Abrams (pochissimi, anche se presenti, i rimandi agli altri due film tra l’altro, ndr). La presenza di quel nome presuppone determinate caratteristiche che alla fine vengono a mancare. A proposito di fine, proprio l’ultima scena è la testimonianza di quanto detto: un inserimento assolutamente fuori contesto, un fan service totalmente non necessario e superfluo. Perché? Forse non sarà possibile avere una risposta a questa domanda e resta decisamente un peccato.

Dubbi e incertezze

A questo si aggiunge una sceneggiatura e un’interpretazione degli attori, tra i quali cito non a caso Gugu Mbatha-Raw e Daniel Brühl, che in questa “maledetta” seconda parte sembrano spegnersi fino a sparire nella vastità dell’universo. Non mancano infatti alcuni elementi della storia improvvisamente trascurati o cliché già visti e rivisti. Questi vanno a rovinare quanto di buono visto nella prima parte, capace di mostrare le molteplici sorprese che si possono trovare su una sperduta stazione spaziale. Si difende discretamente, senza eccellere, la colonna sonora, che ben ondeggia e accompagna tutte le fasi del film, dalle più concitante a quelle più misteriose. Un sospetto finale: e se il lancio a sorpresa su Netflix fosse in realtà il segno e la prova di un film non all’altezza delle aspettative e del grande schermo?


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