Hunger Games: La Ballata dell’Usignolo e del Serpente – Recensione

Dal 15 novembre al cinema

Hunger Games: La Ballata dell’Usignolo e del Serpente - Recensione

A otto anni da “Il Canto della Rivolta”, Francis Lawrence ci riporta nel mondo post apocalittico di Panem per raccontare l’ascesa di Coriolanus Snow  in questo sorprendente prequel della saga.

Hunger Games: La Ballata dell’Usignolo e del Serpente – La nostra recensione

Prima della visione di La Ballata dell’Usignolo e del Serpente, ero già carico per creare un sagace e pungente gioco di parole tra la Mietitura – momento in cui si svolgono gli Hunger Games a Panem – e la Spremitura – ovvero la situazione attuale del Cinema, basato sulla ricerca di incassi sfruttando i grandi franchise di successo attraverso la continua produzione di prequel, sequel, reboot, serie tv o addirittura opere teatrali.

Tutto inutile: il film è decisamente valido. 

Il film è tratto dal romanzo di Suzanne Collins – autrice di tutti i romanzi di Hunger Games. Collins ci fa tornare indietro nel tempo, ben sessant’anni prima delle vicende narrate nella trilogia di libri (e quadrilogia di film) che hanno conquistato milioni di lettori e spettatori nel mondo. Come per ogni prequel, non c’è la curiosità di sapere dove ci condurrà la storia, ma di come lo spettatore sarà condotto al finale annunciato. 

La pellicola, suddivisa in tre atti, è centrata sul giovane Coriolanus Snow e la sua ambizione di donare alla famiglia la ricchezza e potere, attraverso un percorso burrascoso che lo porterà ad azioni sempre più torbide, che coinvolgeranno anche Lady Gray Baird, tributo (cioè concorrente) degli Hunger Games per Distretto 12 della città di Panem. 

Lawrence ci racconta la parabola di Coryo e Lady Gray flirtando con diversi generi, come l’avventura, la tragedia e la commedia romantica.

Il film ha come punto di forza i due protagonisti: Tom Blyth (Snow) e Rachel Ziegler, (Lady Gray Baird) bucano lo schermo con una performance carismatica e convivente, probabilmente anche facilitata dalla sceneggiatura. La presenza di Viola Davis, Peter Dinklage e Jason Schwartzman aumenta il peso specifico del cast, peculiarità di tutta la produzione cinematografica di Hunger Games. 
L’ambientazione, tra lo steampunk e il post-apocalittico, è curata, così come tutti gli aspetti profilmici; Francis Lawrence ha comunque una certa esperienza nella direzione di film ambientati nel mondo del fantasy, del weird e della fantascienza. Ne sono un ottimo esempio Constantine (molto sottovalutato) e Io sono Leggenda

Due punti non convincono di questo film. Il ritmo narrativo è disarmonico: l’atto conclusivo del film é meno incisivo dei primi due, sembra sviluppato in maniera più frettolosa e meno approfondita; tuttavia, i 160 minuti non rappresentano un tentativo di sequestro legalizzato. Un altro punto po’ debole è la poca profondità con la quale viene trattata la critica ai media. È vero che il film richiamerà in sala principalmente i fan della saga, ma sarebbe stato opportuno sottolineare con maggior potenza narrativa come gli Hunger Games siano scontri letali trasmessi in diretta televisiva per la gioia degli spettatori, esaltati dalle morti in diretta, e per il guadagno degli organizzatori, interessati ad ogni costo ad aumentare lo share del loro cruento spettacolo. Non serve neanche tanto uscir fuori dalla metafora per comprendere il tema.

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Informazioni su Mauro Orsi 138 Articoli

Lettore compulsivo, appassionato di cinema e musica. Ama le storie: raccontate, vissute, disegnate, cantate, scritte o sognate. Insomma di tutto, un po'(p).

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