La Abuela – Recensione

il demone della società moderna

La Abuela - Recensione
La Abuela - Recensione

In La Abuela vediamo la giovane Susana, modella sui vent’anni che abita a Parigi in procinto di firmare il contratto che darà la svolta alla sua carriera, costretta a tornare in Spagna. Riceve infatti una chiamata che le annuncia che sua nonna è stata male e non è più autosufficiente. Recatasi a casa per accudirla, inizierà ad incontrare segni premonitori di un risvolto sinistro.

La Abuela – La nostra recensione

Il film gioca con alcuni elementi classici del genere horror. Vediamo le luci che oscillano, le porte che si aprono e scricchiolano, una casa enorme in cui ci sono solo le due donne. La musica accompagna le scene aumentando il senso di ansia e inquietudine. Ma ci sono anche altri segni sinistri che colpiscono Susana; gli orologi sembrano impazzire e sembra vedere sul suo corpo segni di un invecchiamento inaspettato.

Sono proprio il tempo e l’invecchiamento due temi centrali del film. La paura per la vecchiaia e l’ossessione per la bellezza guidano infatti la trama di questa favola macabra. Interessante l’espediente che fa perdere alla nonna la parola, spostando così la comunicazione sul piano fisico e rimarcando ulteriormente la centralità del corpo. Le due protagoniste non possono parlare verbalmente. Lo scambio diventa una questione di segni non verbali: sguardi, sensazioni, gesti. Una comunicazione che, anche visivamente, sottolinea il contrasto tra giovinezza e vecchiaia.

Potremmo dire che il corpo anziano, simbolo dell’invecchiamento, genera ribrezzo e, a partire da esso, la sensazione di rifiuto si estende alla dimensione passata e agli obblighi familiari.

Susana si trova infatti ad affrontare un conflitto interiore. Da una parte sente la necessità di stare accanto alla nonna, che l’ha cresciuta quando i genitori sono venuti a mancare. Dall’altra, sente la pressione del mondo lavorativo, pronto ad escluderla al primo segno di debolezza e assenza. Vuole prendersi cura dell’anziana, forse mossa anche dal senso di colpa, ma teme che, facendolo, sacrificherà parti importanti della sua vita. Abuela ci fa riflettere sulle pressioni che la società impone sui legami familiari e sulla delicata questione della cura degli anziani.

Susana è altresì in conflitto proprio con il corpo. Come anticipato, il corpo della nonna diventa fonte di repulsione, un’ombra scura che minaccia la giovane. La ragazza è ossessionata dalla bellezza e dal costante confronto con le colleghe.
Il primo capello bianco, la pelle cascante e non più florida, questo è l’incubo estremo della protagonista. Il fatto che Susana lavori come modella accentua la paura della vecchiaia che dilaga oggi nella società e schiaccia le donne sotto un modello irrealistico che le vorrebbe giovani e belle in eterno. La repulsione per la vecchiaia può anche essere vista, metaforicamente, come una repulsione per il prima, il passato a cui la nonna appartiene, introducendo così il tema del gap generazionale. Le due donne appartengono a epoche diverse e forse il motivo per cui non riescono a comunicare non è solo la malattia dell’anziana. C’è forse un livello di incomunicabilità profondo, legato alla diversità generazionale.

Abuela è in qualche modo quindi una storia di possessione, dove però la parte del cattivo supremo non è affidata al diavolo, ma all’ossessione della società contemporanea che vuole combattere il tempo e i suoi effetti. Il corpo diventa quindi una prigione. Lo è per l’anziana, che ne è limitata in modo piuttosto ovvio, ma lo è anche per la giovane, che sente la pressione sociale di avere una posizione (e forse, un valore) perché “giovane e bella”.

Il dualismo giovane-vecchia e l’ambientazione della grande casa, principale location in cui si svolge la storia, ricordano Suspiria di Dario Argento. In qualche modo la figura della nonna ricorda quella di Helena Markos, potente ma fragile assieme, costretta a dover attingere nuova forza da altri nonostante il suo grande Potere.

La vicenda si sviluppa mescolando il piano psicologico con quello del mistero. Capiamo che c’è qualche pezzo mancante in un crescendo di ansia, piccoli incastri e indizi quasi nascosti. La fine, in questo senso, si lega perfettamente all’inizio, facendo luce sul mistero iniziale e creando un senso di circolarità. Sebbene la storia sia giocata molto sul piano psicologico, non mancano scene più forti. Forse, proprio perché non abusate, riescono a risuonare ancora di più, aumentando il pathos del film.

Unendo piccoli segnali di orrore con scene a più alto impatto visivo, Abuela riesce a mantenere un ritmo calzante e avvolgere lo spettatore nel suo clima da fiaba oscura. Al di là delle speculazioni teoriche, Abuela si presenta come un horror che, con i suoi ambienti tetri e silenziosi e la tensione tra le due donne, riesce a generare nello spettatore un senso di pura angoscia e paura.

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