
Il Marvel Cinematic Universe arriva alla conclusione della sua quinta fase con un film (finalmente) convincente che prova a discostarsi dai precedenti giocando la carta dell’introspezione.

Thunderbolts* – La nostra recensione
Abbiamo conosciuto Helena Bulova (Florence Pugh, sempre brava) in Black Widow, film che ci congedò da Scarlett Johansson/Natasha Romanoff con un’avventura flashback che ha introdotto anche i personaggi di TaskMaster e Red Guardian che ritroviamo ora in Thunderbolts*.
La (sovra)produzione di film e serie tv della Fase 4 del MCU ha permesso agli spettatori del franchise di maggior successo della storia del cinema di scoprire (o riscoprire dopo averli conosciuti negli albi a fumetti) molti personaggi minori della Marvel. Sono un ottimo esempio lo U.S Agent John Walker o Ghost/Ava Starr, protagonisti in Thunderbolts*.
A loro si unisce un personaggio ben più noto: Bucky Barnes, il Winter Soldier storica spalla di Steve Rogers, la causa della Guerra Civile tra Capitan America e Iron Man, diventato ora un Deputato della Repubblica.
Per ragioni diverse, tutti questi personaggi hanno a che fare con la Contessa Valentina Allegra de Fontaine: Helena, Ghost, TaskMaster e U.S. Agent sono suoi sicari, ora però caduti in una trappola mortale escogitata dalla stessa de Fontaine. La Contessa nasconde qualcosa che non si deve sapere, un segreto da nascondere a tutti costi: il progetto Sentry. E in tutto questo chi è Bob? E Bucky ha ufficialmente messo da parte il suo passato da (anti)eroe? E Red Guardian ha ancora rapporti con la figlia Helena? E quell’asterisco di fianco al titolo del film?
L’intreccio narrativo è meno complicato di quanto possa sembrare e, una volta introdotti tutti i personaggi, il film ingrana, ma in maniera differente da come abbiamo visto in Avengers o ne I Guardiani della Galassia. Ciò che accomuna questo gruppo di disadattati è il dolore, la violenza e la tristezza che ha caratterizzato la loro esistenza, caratterizzata da fallimenti, dipendenze e mancanza di una propria identità.
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La sceneggiatura, scritta da Lee Sung Jin (Beef, Silicon Valley), Eric Pearson (Beef, Black Widow, Thor: Ragnarok) e Joanna Calo (Bojack Horseman, Undone, The Bear, Beef), affronta in maniera soft ma efficace temi come la depressione e la solitudine. Con un linguaggio semplice, adatto ad un film di intrattenimento per famiglie, Thunderbolts* è capace di toccare le giuste corde emotive che permettono di empatizzare con Helena, Bob, John, e tutti i membri della squadra, costretti a scappare dalla gabbia di dolore causato dalle loro esperienze di vita.
Il lavoro del regista Jake Schreier – che aveva già collaborato con gli sceneggiatori sempre per la premiata miniserie Netflix Beef uscita in Italia come Lo Scontro – risulta meno anonimo e impersonale della classica regia da cinecomics.
Insomma con Thunderbolts* siamo tornati ai fasti del Marvel Cinematic Universe? Abbastanza. Affiancare alla classica lotta tra Bene e il Male, un approfondimento psicologico dei personaggi è un’ottima intuizione.
Thunderbolts* è il trentaseiesimo film del Marvel Cinematic Universe e dopo diversi passaggi a vuoto e le difficoltà a trovare una direzione dopo EndGame – anche a causa delle vicende giudiziarie di Jonathan Majors/Kang – il film di Schreier porta una ventata di freschezza. Le notizie trapelate sul film dagli Stati Uniti erano probabilmente troppo entusiastiche, ma finalmente si esce dalla sala soddisfatti. Ovviamente dopo aver visto le due scene post credits!
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