I racconti del terrore di Gogol – Recensione

I racconti del terrore di Gogol - Recensione

L’opera ci accompagna in una riscoperta del maestro russo, tra atmosfere grottesche e satira sociale. Il volume comprende l’adattamento di tre racconti: il naso, il ritratto e il Vij. La scelta dei racconti permette di apprezzare i diversi temi che caratterizzano la produzione di Gogol. Spaziando tra ambientazioni bucoliche e cittadine, offrono una critica dei diversi aspetti che caratterizzano la società russa dell’ottocento.

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I racconti del terrore di Gogol – La nostra recensione

A partire dalla prima storia, ritroviamo le caratteristiche tipiche del maestro. Il naso, infatti, esprime una critica verso una società dedita all’apparenza e ai titoli. In una città in cui conta solo la consuetudine, si sviluppa una premessa assurda, in cui un naso svolge compiti di stato. Ma ci mostra anche un tratto stilistico dell’autore, che lo avvicina a quello che sarà il realismo magico. Vediamo un oggetto comune (in questo caso il naso), il cui ruolo è “amplificato” e stirato fino a diventare un elemento fantastico.

Ne Il ritratto troviamo invece una critica all’avidità. Un giovane pittore, capace ma povero, acquista un quadro di un usuraio e ne è corrotto. Sacrificando ciò che di più caro e intimo ha, diventa un membro benestante della società. Solo alla fine però capirà il vero prezzo che ha pagato, accettando un’esistenza incredibilmente mediocre.

Infine, il terzo racconto è forse quello più gotico. Incontriamo dei giovani studiosi, tra cui un filosofo, che vagano tra le fattorie e cercano riparo. A loro insaputa finiranno da una strega e il giovane filosofo sarà chiamato a officiarne i riti funebri poco tempo dopo.

In un turbine di follia e depravazione, il racconto de Il Vij mescola diverse tradizioni folkloristiche. Incontriamo streghe, ma anche creature diaboliche e peculiari, mosse da forze primordiali. Non mancano tuttavia elementi di satira sociale e scene ironiche. Questi momenti più comici non alleggeriscono il racconto ma, per contrasto, ne amplificano la dimensione grottesca.

Da un punto di vista stilistico, il tratto e la scelta di avere tavole in bianco e nero si sposano perfettamente con il tono delle opere. Le tavole ricreano un’atmosfera un po’ buia, gotica, a tratti grottesca, ma anche delirante e assurda. Alcuni racconti, come Il naso, sono ancor più apprezzabili in questa versione grafica, che permette di amplificare il senso di straniamento che il lettore prova davanti ad una storia con premesse così assurde.

Il tono non è quasi mai da paura, soprattutto nei primi due racconti. La sensazione generale è di ritrovarsi in una realtà in cui qualche elemento si è discostato, simile eppure lontana da quella che conosciamo. In cui a farla da padrone sono il grottesco, lo smarrimento e la satira. In un vortice di apparente assurdità, l’opera ci accompagna in un mondo di mediocrità umana. Non protagonisti eroici, ma persone comuni, mal realizzate, con più difetti che pregi.

Gogol ci presenta una società bloccata tra differenze sociali, avidità e formalità, al punto da essere evidentemente retrograda e stagnante. I racconti del terrore di Gogol danno spazio alle leggende e alle superstizioni popolari, con elementi fantastici che assumono tratti onirici e surreali.
Il volume si dimostra quindi un’ottima lettura per gli appassionati di genere gotico, ma anche un punto di ingresso per riscoprire il grande maestro russo e la letteratura fantastico-grottesca di inizio ottocento.

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