Il cacciatore – Recensione

Il ritorno di una pietra miliare

Il cacciatore - Recensione

Per tre giorni torna in sala in edizione restaurata il capolavoro di Michael Cimino. Il talentuoso regista fece da apripista alle grandi pellicole sul Vietnam trattando il tema con potenza e trasversalità, supportato dalle magistrali interpretazioni di Robert De Niro e Christopher Walken.

Il cacciatore – La nostra recensione

Alla 51° edizione dei Premi Oscar, nel 1979, Il Cacciatore si porta a casa cinque statuette: miglior film, miglior regia, miglior attore non protagonista (Christopher Walken), miglior sonoro e miglior montaggio. Robert De Niro dovrà aspettare ancora un paio d’anni per avere un riconoscimento ufficiale del suo talento, grazie a Toro Scatenato di Martin Scorsese, come se le sue interpretazioni in Taxi Driver e ne Il Cacciatore non fossero abbastanza. Vabbè.
La quasi debuttante Meryl Streep offre un’interpretazione che le frutta la prima di una lunga serie di nomination agli Oscar e l’inizio di una carriera pazzesca e iconica, rendendola forse l’attrice più importante di Hollywood.
Christopher Walken entra nella Storia proprio con questo film. Il soldato Nick Chevatorevich e la sua roulette russa fanno parte della storia del cinema, un riferimento che ha scavalcato il muro degli appassionati per entrare a pieno titolo nella cultura pop. Ancora oggi Walken partecipa a progetti cinematografici molto eterogenei e sperimentali. Ne è un ottimo esempio Saltburn di Emerald Fennell.
Michael Cimino, invece, vivrà grazie a Il Cacciatore il punto più alto della sua carriera, almeno a livello commerciale. I due film successivi, I Cancelli del Cielo e L’Anno del Dragone, meritano almeno un’occasione.

Con Il Cacciatore, Cimino realizza un film entrato nella storia del Cinema – depositato nella Cineteca del Congresso degli Stati Uniti – grazie alla sua potenza narrativa e alla capacità di anticipare un tema sconveniente e tuttora problematico per gli Stati Uniti: la guerra in Vietnam. Nel 1978, nessun cineasta si è ancora espresso sull’argomento, Cimino apre questa via, attraverso un film non strettamente di genere.

La vicenda inizia, infatti, prima della partenza per il Vietnam di tre amici, tre ragazzi della provincia americana, appartenenti al ceto proletario, legati da un rapporto stretto che si divincola tra il lavoro, una birra, una partita a biliardo e una battuta di caccia. Ci troviamo di fronte alla working class cantata da Bruce Springsteen proprio in quegli anni. 
Mick (De Niro) è il saggio del gruppo, ottimo cacciatore e leader silenzioso. Nick (Walken) è innamorato di Linda (Streep) che lo ricambia. Anche Mike è innamorato di Linda, ma l’amicizia con Nick frena questo suo sentimento. Rispetto agli amici, Nick ha qualche perplessità in più sulla partenza per il Vietnam. Steven, invece, (un ottimo John Savage) è l’ingenuo del gruppo; ne è un esempio il suo matrimonio con Angela, la sua amata,  incinta però di un altro uomo. 

Tutta la parte iniziale del film è incentrata sulla vita dei ragazzi prima della loro partenza: la quotidianità, i festeggiamenti del matrimonio di Steven e Angela e l’ultima battuta di caccia prima di partire per la guerra con tutto il gruppo di amici. 
La guerra non si vede, se ne parla solo con gli amici al bar ed è percepita come l’occasione di aiutare il proprio Paese. 

La storia si sposta poi in Vietnam, dove emerge la drammaticità della guerra: l’impreparazione dei giovani soldati si scontra con la spietatezza dei Viet – Cong e la costante presenza della morte. Durante la prigionia, i tre soldati scoprono il barbaro divertimento della Roulette Russa. Tra i soldati e – successivamente tra i malavitosi – si diffonde questo gioco mortale. Una pistola con una sola pallottola che va avvicinata alla tempia: sparerà a vuoto oppure partirà il colpo omicida? Mike e Nick riusciranno a scappare  e la loro fuga ci conduce ad una sequenza toccante. Una volta in salvo, i due giovani finiscono in un ospedale militare.

Cimino ci riporta alla realtà e denuncia il dramma della guerra, dalla quale si torna o dentro una bara o con delle cicatrici che non guariranno mai.
Apocalypse Now, Platoon  e Full Metal Jacket arriveranno in sala nel giro di pochi anni con un messaggio comune, ma grazie a Il Cacciatore seguiranno un sentiero già tracciato.

Suddividendo il film di Cimino in tre potenziali atti (la vita in provincia, la guerra in Vietnam e il ritorno a casa di Mike), nell’ultima parte emerge il conseguente stato di stress post traumatico, che non permette a Mike di ricominciare la sua vita, appesantita dai sensi di colpa. Anche l’amore con Linda non porterà gioia, ma consolazione reciproca e anche la caccia al cervo non ha più valore, così come gli scherzi spacconi con gli amici rimasti in città. La scoperta che Nick e Steven sono ancora vivi condurrà a un doloroso e inevitabile epilogo da un punto di vista emotivo e ad una sequenza splendida da un punto di vista visivo.

Le tre ore del film sono necessarie per avere una completa ed efficace narrazione della triste parabola di Mike e i suoi amici. Ci troviamo in presenza di un Cinema alla ricerca della perfezione narrativa e visiva attraverso l’innovazione (il regista aveva lavorato anche nella pubblicità), ma con la volontà di comunicare a una vasta fetta di pubblico. Il ritorno al cinema del film di Cimino è un’occasione per molti di vedere Il Cacciatore nel luogo per il quale è stato concepito, alla scoperta di uno stile cinematografico che viene difficilmente proposto attualmente se non dai Grandi Maestri. L’esempio più lampante è Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese. 

Attualmente la durata media dei film si è allungata. Dove c’è il tempo, non c’è però lo spazio per far decantare tutti gli elementi filmici messi in gioco dal regista.

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Informazioni su Mauro Orsi 136 Articoli

Lettore compulsivo, appassionato di cinema e musica. Ama le storie: raccontate, vissute, disegnate, cantate, scritte o sognate. Insomma di tutto, un po'(p).

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